PIETRA D’INCIAMPO IN PIAZZA MACELLI
ANICETO CIABATTI, padre di Maggiorano, era nato il 23 maggio 1889 a Mazzone, piccola frazione di Prato e abitava a Mezzana, nella periferia est della città. Durante la guerra era sfollato da mezzana nel piccolo centro di Paperino, dove aveva deciso di spostarsi con la famiglia in seguito ai bombardamenti che in quel periodo colpivano il centro laniero. Nel 1944 era impiegato presso il lanificio Guido Lucchesi, lavorando in una tintoria separata dallo stabilimento principale situata in piazza dei Macelli. Nel corso del ventennio non si era mai esposto contro il regime, ma decise comunque di partecipare allo sciopero generale del marzo 1944, forse trovando ispirazione nelle tradizioni socialiste della famiglia. La sera del 7 marzo, dopo aver appreso dalla radio che erano previste delle rappresaglie contro le famiglie di chi avrebbe continuato la protesta, decise di tornare a lavoro. L’8 marzo 1944, quindi, si recò in fabbrica accompagnato dal figlio Maggiorano, che lavorava nel suo stesso stabilimento e che come lui aveva scioperato nei giorni precedenti. Nel corso della mattina la figlia Andalusa, preoccupata per i suoi cari, telefonò al padre per sapere se erano stati presi dei provvedimenti punitivi nei loro confronti. L’uomo la rassicurò, accennando a un tesserino (forse rilasciato dal suo datore di lavoro) che lo rendeva tranquillo per ogni evenienza. In realtà, a fine mattinata tutti gli operai della ditta furono radunati nel piazzale della sede principale, dove trovarono ad attenderli alcuni uomini della GNR. Al lanificio Lucchesi i militi repubblicani arrestarono gli scioperanti che riuscirono ad identificare grazie all’aiuto del proprietario della ditta. Tra gli uomini fermati quella mattina c’erano anche Aniceto e Maggiorano, che furono caricati su di un pullman insieme agli altri e portati prima alla Fortezza di Prato e poi alle Scuole Leopoldine di Firenze. Infine, anche gli operai arrestati in quella fabbrica furono caricati su dei vagoni piombati alla stazione di Santa Maria Novella.
Aniceto Ciabatti fu deportato da Firenze l’8 marzo 1944 nel campo di concentramento di Mauthausen, dove arrivò l’11 marzo 1944 e fu classificato con la categoria Schutzhäftling (deportato per motivi di sicurezza), ricevendo il numero di matricola 57.050. Dichiarò di essere un operaio addetto alla colorazione dei tessuti. Il 25 marzo 1944 fu trasferito al sottocampo di Ebensee, dove rimase fino al settembre dello stesso anno, quando fu trasferito insieme al figlio al Sanitätslager di Mauthausen e poi sempre con lui al centro di eutanasia di Hartheim. I due erano molto legati e durante la prigionia cercarono di aiutarsi in ogni momento. Questo atteggiamento rese più difficile la loro sopravvivenza, perché spesso si privarono del poco cibo che gli veniva consegnato per offrirlo al congiunto, dissipando così calorie preziose per la sopravvivenza. Inoltre, lo strazio provocato dal vedere un proprio caro subire in ogni momento delle terribili sofferenze portò a una continua prostrazione anche psicologica i due Ciabatti. Al momento della partenza da Ebensee i due erano convinti di andare in un ospedale e rivolgendosi al loro compagno di sventure Roberto Castellani gli raccontarono: “Roberto, ci mandano in un ospizio, s’è finito di patire. Ci mandano ad Hartheim”. Padre e figlio non sapevano che al castello di Hartheim sarebbero stati uccisi. Aniceto morì nel centro di eutanasia di Hartheim il 4 ottobre 19474, all’età di 45 anni. Suo figlio subì la stessa sorte sei giorni più tardi.