L’annientamento attraverso il lavoro. Il sistema concentrazionario nazista come serbatoio di forza lavoro
di Enzo Collotti
L’uso per il lavoro dei detenuti dei campi di concentramento fu a partire dal 1938 una modalità, ancora secondaria, del normale funzionamento del sistema, con lo scopo di alimenta- re le imprese economiche delle SS. Più tardi, a seguito delle esigenze dell’economia di guerra del Terzo Reich, dopo che esso ebbe scatenato il secondo conflitto mondiale, cambiò il ruolo dei Lager e anche quello dei deportati. I campi di concentramento divennero uno dei principali serbatoi di forza-lavoro per il Reich, assieme ai milioni di lavoratori che, dopo essere stati deportati da tutti i paesi invasi, furono costretti al lavoro forzato non solo negli impianti produttivi annessi ai Kz, ma anche nelle fabbriche di armamenti e in aziende agricole esterne ai Kz.
In virtù di questa trasformazione e della proliferazione dei campi esterni germinati dai campi principali, il 3 marzo 1942 Himmler dispose l’inquadramento del sistema Kz (già sottoposto all’Inspektion der Konzentrationslager) alle discipline dell’Ufficio centrale economico e amministrativo delle SS (WVHA), agli ordini dell’Obergruppenführer delle SS Oswald Pohl. In base alla circolare Pohl del 30 aprile 1942 i comandanti dei campi di concentramento divennero responsabili della produttività dei detenuti. Avevano mano libera nella regolamentazione degli obblighi disciplinari dei deportati-lavoratori per i quali non doveva esistere più orario di lavoro, il tempo di lavoro non aveva più altro limite che quello della fisica sopravvivenza dei forzati. Sia che si svolgesse all’interno dei Kz, sia che si espletasse presso aziende industriali o agricole, il lavoro coatto dei deportati si configurò come una colossale macchina che stritolava vite umane. L’annientamento attraverso il lavoro (Vernichtung durch Arbeit) fu l’espressione estrema che meglio caratterizzava la contraddizione tra l’ambizione di ottenere il massimo rendimento (e il massimo dei profitti) e la realtà dell’annientamento fisico degli avversari politici e razziali (quando questi ultimi non fossero stati mandati immediatamente alle camere a gas).
La situazione fu particolarmente brutale per i deportati costretti a lavorare in gallerie sotterranee alla fabbricazione di armamenti missilistici e di aeroplani a partire dalla fine del 1943, allorché l’offensiva aerea anglo-americana costrinse l’economia tedesca a sottrarre le cosiddette “armi segrete” e la residua produzione aeronautica al bersaglio dell’aviazione nemica. Tra i centri di questi insediamenti sotterranei, in cui fu stroncata la vita di un rilevante numero di deportati italiani, sono da menzionare i Lager di Mittelbau-Dora, di Gusen e di ebensee (dipendenti questi due ultimi dal campo prin- cipale di Mauthausen).
LA RETE DI SOTTOCAMPI CHE SI DIRAMAVA DAL CAMPO CENTRALE DI MAUTHAUSEN